sabato 3 ottobre 2009

La terra frana

Giampilieri.

L’ultima tragedia.

Il copione è sempre uguale: la natura fa il suo corso; l’effetto è devastante. Franano intere colline su minuscoli paesi dimenticati da dio. Morte e distruzione ovunque, lacrime e macerie.

E sempre la stessa frase: “Si poteva evitare”.

Già, ma come? Quando accadono eventi del genere mi viene sempre in mente la massima di Cicerone “Historia magistra vitae”, e penso che avesse torto marcio. O che forse noi non abbiamo fatto nostra questa verità.

Se nel 2007 a Giampilieri c’era già stato un alluvione con frane e smottamenti, la situazione era quantomeno prevedibile. In questi due anni sembra che non sia stato fatto nulla. E il risultato sono le decine di morti innocenti di ieri sera.

La colpa di tutto è l’abusivismo edilizio: si è costruito sul letto di un fiume e questi sono i risultati.

Ho sentito molta gente dire: “E’ colpa dell’ignoranza di certa gente, che quando va a vivere li non si informa della posizione della loro casa”. Devono buttarle giù tutte”.

Io non sono d’accordo. O meglio: l’ignoranza è sicuramente un fattore non trascurabile, specie al Sud; ma non puoi addossare la colpa alla gente che ha comprato casa su quei terreni d’argilla. Il problema secondo me è a monte: se io vedo una casa suppongo che, se è costruita lì, ci può stare.

Penso: “Ma certo che è sicura, secondo te vanno a costruire su un terreno franoso, su una faglia, su un luogo non sicuro? Ma no, dai, sarebbero dei pazzi”. Ecco, secondo me lo schema è questo. La fiducia nelle istituzioni e negli organi competenti è un principio essenziale di una democrazia moderna e di uno stato di diritto. Cioè, io mi fido del loro lavoro. Sennò dovrei andare a controllare ogni singolo respiro che esalo ogni giorno, ogni movimento che compio, ogni cibo che mangio.

Secondo l’adagio di molti, invece, io dovrei analizzare ogni cibo prima di mangiarlo. Invece ci si deve poter fidare della ditta che lo ha fatto. Allora, la colpa non è della povera gente e della sua ignoranza, ma semmai della fiducia che la gente ha nei confronti dell’amministrazione del territorio. E qui si arriva al problema politico. Quando accade un caso del genere (così come a L’Aquila, a Sarno, a Viareggio) la colpa è sempre politica. Ed è bene che saltino le teste di chi ha provocato simili tragedie. Madre Natura fa il suo corso, ma l’uomo peggiora la situazione.

Altra frase sentita dire da molta gente: “Adesso li devono mandare via tutti, lì non si può vivere. Devono buttare giù quei paesini, raderli al suolo e mandare gli abitanti da qualche altra parte”. Non che non sia d’accordo, a livello teorico, ma mi sembra un tantino impossibile. L’Italia è un paese in cui il 47% del territorio ed il 70% dei comuni è a rischio idrogeologico. Dove la vogliamo mandare la gente? la vogliamo fare espatriare? E’ quantomeno poco razionale un’ipotesi del genere, praticamente irrealizzabile.

In Italia va sempre così: o non si fa niente, o si pensa alla soluzione più drastica.

Nessuno che pensi alla prevenzione; che, nel suo piccolo, potrebbe almeno contenere i danni quando si verificano calamità naturali. Anche qui il problema è politico: si investono miliardi di euro per fare il ponte sullo Stretto quando i Siciliani hanno la rete di trasporti peggiore d’Europa.

Si dice sempre in questi casi: “Adesso non è tempo per le polemiche, ora c’è troppo dolore”. Poi, dopo grandi pianti, speciali in tv e funerali annessi, i riflettori si spengono, nessuno parla più del disastro, tutto si dimentica. Fino alla prossima tragedia annunciata.






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