
Non ho una via di fuga. Mi manca.
Anzi, la sua assenza mi terrorizza.
Mi ritrovo a vagare per le vie di Firenze, come uno zombie impazzito, in preda ad un dolore alla testa indicibile.
Quando stavo a Catania, la mia via di fuga era Acitrezza. Solo Dio sa quante volte sono fuggito lì, non dicendo mai niente a nessuno. Prendevo il motorino e andavo.
E mi ritrovavo da solo, sul molo, a guardare il mare, i faraglioni, l'isola Lachea. Che posto magnifico.
Quei frangiflutti su cui mi sedevo erano il mio angolo di paradiso. Tutti i problemi, le angosce, le preoccupazioni, svanivano.
Ero sereno, da solo, in pace con me stesso. E pensavo, pensavo, pensavo...
Che fosse giorno o notte, luglio o dicembre, non aveva la minima importanza: era un impulso, un richiamo; e quando lo sentivo, andavo.
Mi faceva stare bene, mi sentivo protetto. Respiravo il mare a pieni polmoni. E mi sentivo meglio.
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